DETTAGLI DIMENTICATI?

Disabilità ed Ebraismo

di Avv. Barbara Bottecchia

Nella vita quotidiana ebraica vi è sicuramente la fede e la spiritualità ma ciò che veramente conta è l’osservanza delle mizvoth (precetti). La vita dell’ebreo osservante è costellata di regole che lo accompagnano durante il corso delle sue giornate e che sono presenti nel ciclo della sua vita.

La Torah (la bibbia ebraica) va studiata quotidianamente e nelle Yeshivoth (scuole rabbiniche) lo studio procede sempre in coppia. Lo studio è discussione, interpretazione del testo, lo specchio dell’altro e approfondimento delle parole e del pensiero dell’altro in un continuo movimento dialogico.

L’alterità è un principio fondante dell’ebraismo e l’uomo è creato ad immagine e somiglianza divina, e dunque nell’altro c’è sempre il riflesso di Dio.

Tra le regole quotidiane più importanti vi è quella di recitare le berakhoth (ovvero le benedizioni): se si mangia del cibo, o si beve, si deve recitare una benedizione prima e una dopo. se si respira il profumo dell’erba, la fragranza delle spezie, l’aroma dei frutti va pronunciata la benedizione su questi piaceri. Lo stesso si applica ai piaceri della vista: se si vede la luce del sole, oppure sbocciare la primavera va pronunciata la relativa benedizione. Vi sono poi altre regole per i piaceri derivanti dall’udito, o ancora quelle che si recitano prima di indossare un indumento per la prima volta o quelle che accompagnano le normali azioni quotidiane, come lavarsi le mani o quelle prima di recitare un testo sacro e altre ancora in incontri eccezionali ad esempio quando si vede un arcobaleno o si incontra un Re. Il percorso di chi cresce e vive con disabilità è analogo a quello di tutti e di ciascuno: evidente, quindi, la difficoltà quotidiana di chi ha qualche deficit.

Nel Talmud (la legge orale. interpretazioni rabbiniche della Torah) è indicata una particolare benedizione che va recitata quando si incontrano persone con caratteri particolari (molto alto, molto basso, albino…) la benedizione è la seguente ·’Benedetto coh1i che ha fatto le creature diverse l’una dall’altra. Diversa la benedizione prevista quando si incontra una persona che presenta una disabilità (zoppia sordità ecc) la benedizione in questo caso è “Benedetto il vero giudice”.

L’atteggiamento che un gruppo sociale riserva alle persone con disabilità riflette 1·etica ed il livello di morale e di sviluppo di quel gruppo, che potrà porsi in termini di inclusione, di sostegno e di opportunità.

L’ebraismo ha sempre dedicato grande attenzione alla disabilità sol che si pensi alle figure bibliche più conosciute e fondanti l’essenza stessa dell’ebraicista: da un lato lo stesso Moshe era balbuziente, Isacco divenne cieco in tarda età e Giacobbe dopo la lotta con l’angelo diventa zoppo e assume il nome di Israel, dall·a1tra pressoché tutte le matriarche sono sterili.

I bambini ebrei, quindi, crescono ascoltando fin da piccolissimi storie che hanno come protagonisti degli Eroi che potrebbero definirsi “diversi”, e questo permette loro di ritenere non importanti per compiere imprese e lavori significativi essere perfetti secondo i canoni classici, e questa è una caratteristica della pedagogia ebraica. Anche famosi rabbini e maestri di Talmud spesso sono non vedenti o comunque hanno un qualche difetto fisico.

Per la tradizione ebraica fin dall’antichità, nonostante il diverso approccio di culture limitrofe, come ad esempio quella greca, i bambini disabili non venivano eliminati e qualunque uccisione di un infante era considerata omicidio.

Anche durante il Seder di Pesach nella Hagaddà, che narra la storia dell’uscita del popolo ebraico dall’Egitto, si discute del modo corretto di crescere quattro tipi diversi di figlio: il saggio il cattivo il semplice e quello che non sa fare domande, che alcuni interpretano appunto come il figlio problematico. Il suggerimento è di non porsi verso di lui in posizione cattedratica ma il più stimolante possibile, per fare uscire quello che c’è in lui.

L’identità di una persona non può essere imprigionata nella percentuale della sua disabilità, ma va fatta emergere cercando di farla vivere con la promessa e la forza della percentuale della sua autonomia e abilità residua.

Anche nel Talmud si trova un midrash istruttivo: si narra che un giorno il Rabbino Fresa aveva anticipato ai suoi allievi che avrebbe finito prima la lezione perché aveva un impegno: tra gli allievi ce n’era uno che aveva bisogno di particolare attenzione. Alla fine della lezione un allievo disse che non aveva compreso, ed il rabbino si fermò e ripeté la lezione per altre 400 volte.
Nei Pirke Avot (Massime dei Padri, raccolta di insegnamenti etici e massime risalenti ai rabbini dell’era mishnaica) si afferma che non si deve disprezzare nessuno, perché non c’è alcun individuo che non ha il proprio momento o il proprio spazio.

Come abbiamo detto, la religiosità ebraica comporta numerosi obblighi quotidiani ma la normativa riconoscendo che alcuni individui Imma dei limiti fisici o psichici che impediscono loro una perfetta osservanza, li esenta dai precetti che non riescono a mettere in pratica e li esorta sempre a sfruttare al massimo le proprie potenzialità, raccomandando a tutti di aiutarli in modo da poter rendere possibile anche la loro osservanza.

Ad esempio, i non vedenti non possono leggere pubblicamente la Torah perché la lettura deve essere affermata da un testo e non a memoria, ma possono essere chiamati a recitare le benedizioni: un cieco può essere officiante ma non può effettuare la shekità, perché è necessario vedere bene per evitare dolore inutile all’animale, mentre un sordomuto la può fare.

Il mondo rabbinico nel XIX secolo fu all’avanguardia nel domandarsi se il progresso raggiunto nell’educazione dei sordomuti potesse portare ad un mutamento di atteggiamento nei loro confronti nell’ufficiare.

Molto importante fu rapporto del rabbino tedesco Azriel Eldesehimer, che in uno dei suoi responsa scrisse che la decisione in merito dipendeva dalla considerazione dell’intelligenza dei sordomuti, se questa dovesse essere considerata come compromessa in maniera definitiva, o si trattasse piuttosto di un tesoro nascosto”. Questa affermazione estremamente coraggiosa per quei tempi portò ad una riconsiderazione globale della questione, tale da condurre i sordomuti ad una quasi totale reintegrazione agli obblighi religiosi.

Concludendo questi brevi cenni l’atteggiamento ebraico nei confronti delle persone con disabilità non è decretato dal Cielo: solo ponendo i disabili nel cuore della comunità, ogni singolo individuo può prendere parte al Tikkum olam (la riparazione del mondo).

Estratto dell’articolo pubblicato sul numero speciale “Le persone con disabilità: la riforma tra progetto di vita e inclusione” dell’Associazione Avvocati per le Persone e le Famiglie

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