DETTAGLI DIMENTICATI?

Inclusione e linguaggio: come superare lo stigma sociale attraverso un uso corretto delle parole.

Nel linguaggio quotidiano, la fragilità è ancora declinata in modo privativo: “in-valido”, “in-abile”. “in-capace”. Usiamo queste parole con troppa facilità.

Invalidità significa “non validità”.

Posso dire che una persona non è valida? Con riferimento a quale modello di validità umana?

Anche la Convezione ONU sottolinea quanto sia importante l’uso dalle parole, dalla comunicazione: l’inclusione delle persone fragili, come persone all’interno di una comunità, parte dal riconoscimento, che parte a sua volta dal rispetto del linguaggio.

L’uso corretto dei termini non è un favore che facciamo agli altri, è un favore che facciamo anche a noi stessi.
La Convezione sottolinea infatti che esistono solo due categorie: le persone che oggi sono portatrici di una disabilità e quelle che domani lo saranno, perché se è vero che la fragilità include anche le persone anziane e la non autosufficienza, è evidente che prima o poi toccherà anche a noi.
Ed è per questo che il diritto e la dignità delle persone fragili ha un valore circolare all’interno di una comunità: non è proteggere “loro”, ma proteggere “noi”.
Se ammettiamo che siano calpestati o anche solo ignorati i diritti dei fragili, ammettiamo che questo possa accadere anche a noi domani.
(Cristina Arata, Presidente Fondazione Tina Anselmi)

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