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Progetto di Vita o Progetto Individuale: cosa prevede la normativa

All’inizio del 2000 il legislatore italiano si era già allineato al nuovo concetto di “salute” suggerito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), avendo adottato un modello integrato tra prestazioni sociali e sanitarie, disciplinato dall’art. 14 della l.n. 328/2000 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali): la norma prevede che il raccordo degli interventi sanitari, socio sanitari e sociali avvenga all’interno di un progetto unitario ed individuale.

L’art. 2 del DPCM 14 febbraio 2001 (Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie) ha poi specificato che il progetto personalizzato (in caso di bisogno socio sanitario) deve essere redatto sulla scorta di valutazioni multidimensionali, intercettando i bisogni di salute (e quindi di prestazioni sanitarie) con le varie forme di protezione sociale. Ai fini della determinazione della natura del bisogno deve tener conto degli aspetti inerenti a:

a) funzioni psicofisiche;

b) natura delle attività del soggetto e relative limitazioni;

c) modalità di partecipazione alla vita sociale;

d) fattori di contesto ambientale e familiare che incidono nella risposta al bisogno e nel suo superamento.

Va sottolineato che l’art. 14 della l. n. 328/00 ha un ambito di applicazione più vasto di quello previsto dal decreto appena citato (che regola il solo bisogno sanitario e socio sanitario), e include anche i vari contesti di vita (e quindi l’inclusione sociale).

La disposizione prevede che “per realizzare la piena integrazione delle persone disabili … nell’ambito della vita familiare e sociale, nonché nei percorsi dell’istruzione scolastica o professionale e del lavoro, i comuni, d’intesa con le aziende unità sanitarie locali, predispongono, su richiesta dell’interessato, un Progetto Individuale”.

Questo Progetto Individuale deve contenere molti elementi:

– la ricognizione dei desideri, aspettative necessità della persona con disabilità con la partecipazione attiva sua e dei familiari;

–  la ricognizione dei sostegni e delle misure in atto;

–  la predeterminazione degli obiettivi;

– la valutazione delle risorse attuali e da acquisire;

– l’individuazione dei supporti e dei sostegni da attivare;

– la predeterminazione degli indicatori di valutazione con cui misurare il progressivo raggiungimento degli obiettivi;

– il budget di progetto;

– la nomina del case manager;

– l’individuazione delle misure previste dalla l.n. 112/2016 (sul Dopo di noi): in assenza di un Progetto Individuale non è, infatti, possibile accedere al Fondo Nazionale sul “Durante noi, dopo di noi”.

L’art. 2 del D.M. 26.11.2016 (attuativo della l.n. 112/2016) specifica che “agli interventi di cui al presente decreto, nei limiti delle risorse del Fondo, le persone con disabilità grave prive del sostegno familiare accedono previa valutazione multidimensionale, effettuata da equipe multi professionali in cui siano presenti almeno le componenti clinica e sociale, secondo i principi della valutazione bio-psico-sociale e in coerenza con il sistema di classificazione ICF (Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute). Le équipe multi professionali sono regolamentate dalle regioni senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.

Il Progetto Individuale deve essere anche la risultante del coordinamento, contenendoli in sé, dei vari piani di sostegno dei vari ambiti: P.E.I. scolastico (Piano Educativo Individualizzato), P.R.I. riabilitativo (Piano di Riabilitazione Individuale), P.A.I. di assistenza (Piano di Assistenza Individuale).

I problemi riscontrati nell’attuazione della normativa

Va detto che la disposizione in commento (art. 14 l.n. 328/00) è rimasta per anni purtroppo sostanzialmente inattuata.

Le ragioni sono molteplici, alcune di matrice giuridica.

Nel novembre del 2001 è entrata in vigore la riforma del Titolo V, Parte II, della Costituzione, con la ridefinizione delle materie di competenza (inclusa quella sociale) tra Stato e Regioni, sia esclusive che concorrenti. Inoltre l’organizzazione amministrativa, strutturata sulla separazione dei servizi e dei relativi bilanci, ha “resistito” alla necessità di un approccio unitario.

La mancanza di conoscenza della norma da parte delle famiglie e degli interessati ha determinato, inoltre, una scarsa sollecitazione dell’utente: uno dei limiti della disposizione consiste proprio nella previsione che l’attivazione del percorso avviene su richiesta dell’interessato, lasciando su di lui la relativa responsabilità.

In questo lungo periodo è stata la giurisprudenza (mediante l’interpretazione evolutiva dell’articolo 14 comma 2 l.n. 328/00) a definire i diritti delle persone con disabilità e i doveri delle istituzioni.

Il Giudice ha complessivamente elaborato una nuova chiave di lettura dell’originaria norma, riorientandola verso i principi della Convenzione Onu (sopravvenuta e ratificata con l.n. 18/2009), vista la vincolatività e superiorità della Convenzione nella gerarchia delle fonti giuridiche.

L’intervento giudiziario ha consentito l’affermazione del Progetto Individuale come diritto in sé per un percorso di vita unitario, e non una sommatoria di servizi a cui viene indirizzata volta per volta la persona.

Un modello di servizi incentrato su un progetto di “presa in carico globale della persona disabile”, che deve garantire misure di sostegno ulteriori rispetto alla mera erogazione di uno specifico servizio, ossia quel “supplemento di garanzie”, che trascende la modalità di “smistamento” della persona all’interno di una gamma di contenitori, e si propone l’obiettivo ulteriore di promuovere l’autorealizzazione della persona disabile ed il superamento di ogni condizione di esclusione sociale.

La particolarità del Progetto Individuale risiede, per i giudici, nel suo essere coordinamento tra i singoli piani di intervento (sanitario, sociale, riabilitativo, scolastico, ecc.), creando un momento di incontro e di sintesi tra tutti coloro che a vario titolo concorrono (nel presente e nel futuro) ad erogare supporti al percorso di vita della persona, affinché questi non risultino frammentari o, in alcuni casi, addirittura tra loro confliggenti, cercando invece in tale coordinamento di massimizzare e valorizzare reciprocamente i loro effetti.

Questo diritto al progetto individuale non viene meno neanche in caso di circostanze eccezionali, quali la pandemia da Covid-19, né tollera limitazioni fondate su ragioni di natura organizzativa e/o economica (Tar Palermo n. 957/2020).

Non può (Tribunale di Ancona n. 893/2016) essere modificato senza una valida giustificazione che affondi le sue radici nell’interesse della persona con disabilità; e le esigenze di bilancio non possono giustificare la mancata attuazione del progetto e degli interventi in esso previsti, per cui ne deve essere comunque garantita la continuità.

Una volta definito il Progetto individuale, il suo contenuto diviene vincolante (Tribunale di Marsala n. 366/2019): gli interventi indicati sono da considerare obbligazioni direttamente derivanti dalla legge e, pertanto, provviste di diretta copertura finanziaria, dovendosi l’amministrazione limitare ad attingere alle diverse risorse per garantirne la piena attuazione.

La mancata o parziale esecuzione del Progetto Individuale costituisce un illecito amministrativo, suscettibile di determinare il diritto al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale in favore del beneficiario.

E il rifiuto (Tar Catania n. 559/2019) di compiere un atto del proprio ufficio da parte del funzionario responsabile, derivante anche solo da fatti concludenti, può configurare il reato di “rifiuto di atti d’ufficio”. L’omissione porta alla nomina di un Commissario ad Acta, che interviene per predisporre il Progetto Individuale al posto del funzionario inadempiente, e può determinare una responsabilità per danno erariale a carico di quest’ultimo.

Per il Tar Catanzaro (n. 440/2013) il Progetto Globale di Presa in Carico costituisce il documento generale, cui devono coerentemente uniformarsi i diversi progetti e programmi specifici, che possono essere:

a) il progetto riabilitativo di cui al D.M. 7.05.1998 “Linee-guida per le attività di riabilitazione”;

b) il progetto di integrazione scolastica di cui agli art.12 e 13 della Legge 14.02.1992 n. 104;

c) il progetto di inserimento lavorativo mirato di cui all’art.2 e seguenti della Legge 12.03.1999 n. 68;

d) il progetto di inserimento sociale che può avvalersi, per la sua realizzazione, dei programmi di cui alla Legge 21.05.1998 n. 162, dei centri socio-riabilitativi e della rete dei servizi sociosanitari di cui alla Legge 14.02.1992 n. 104, del sistema integrato previsto dalla Legge 8.11.2000 n. 328, delle disposizioni di cui all’allegato 1 C del DPCM 29.11.2001, nonché degli emolumenti economici di cui all’art 24 Legge 8.11.2000 n. 328.

Il Progetto Globale Individuale deve, altresì, affrontare eventuali problemi relativi alla mobilità e al superamento delle barriere architettoniche e senso-percettive di cui al DPR 503/96.

La legge delega e il PNRR si fondano sulla centralità e valorizzazione di questo strumento, prendendo atto dei ritardi applicativi e delle difficoltà strutturali, e si propongono di investire molte risorse in un cambiamento globale e sistemico.

Nel frattempo le vite in attesa sono molte, e da tempo non ricevono risposte adeguate alla loro richiesta di dignità personale.

Estratto dell’articolo pubblicato sul numero speciale “Le persone con disabilità: la riforma tra progetto di vita e inclusione” dell’Associazione Avvocati per le Persone e le Famiglie

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